Minacce e pericoli degli OGM
da Greenpeace Italia
I fautori degli OGM vorrebbero farci credere che è possibile far coesistere agricoltura tradizionale, biologica e OGM. Che è possibile produrre OGM senza minacciare
altre forme di agricoltura.
Falso. Non è possibile mantenere le filiere separate. La contaminazione delle filiere biologiche e tradizionali da parte degli OGM è
inevitabile.
Alcuni esempi lo dimostrano. Nel 2009, Greenpeace in Svizzera ha analizzato 22 varietà di miele venduto nel Paese: più di un quarto conteneva tracce di polline OGM.
Complessivamente, dal 1996, data di arrivo sul mercato degli OGM, sono stati registrati quasi 300 casi di contaminazione in 57 paesi!
Come potrebbero stare, fianco a fianco, campi OGM e campi non-OGM, senza che il vento, le api, gli uccelli o le acque sotterranee interferiscano in questa teorica
programmazione? Inevitabilmente, in natura si mescolano semi, pollini, fiori. La contaminazione poi non si limita ai campi. Basti pensare alle macchine agricole, ai silos di stoccaggio, alle
operazioni di trasporto e trasformazione dei prodotti. La coesistenza è per definizione impossibile.
In altre parole, la diffusione degli OGM firmerebbe la condanna a morte per tutte le altre forme di agricoltura. Le aziende agricole biologiche e quelle tradizionali,
come le conosciamo oggi, scomparirebbero. Diffondere gli OGM significherebbe attribuirgli il monopolio assoluto dell'agricoltura. Non ci sarebbero che gli OGM, e allora? Qualcuno potrebbe
pensare:"Non è questo il progresso?" La risposta è No. La diffusione degli OGM è una minaccia per il nostro ambiente, per la salute umana e animale, per gli equilibri economici e sociali e anche da
un punto di vista etico.
Per contro, i rischi potenziali sono stati identificati e ne esistono almeno tre:
Il rischio di allergie
Le allergie alimentari sono causate da proteine, che vengono codificate dai geni nel DNA.
Manipolare geneticamente un organismo vuol dire passargli una molecola di DNA che gli permette di produrre una proteina che prima non era in grado di fabbricare. Noi ci
nutriamo da sempre di proteine, ma esse, come talvolta altre sostanze, possono essere "rifiutate" dal nostro organismo. Quando veniamo in contatto con certe molecole, infatti, il nostro organismo
reagisce in modo talvolta violento con quella che chiamiamo "reazione allergica" o allergia.
Introdurre nuovi geni in un organismo può significare introdurre nuove proteine e aumentare il rischio di allergie. Certo, sappiamo ancora relativamente poco su questo
argomento. Ma, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, lo sviluppo di allergie non è un fenomeno benigno. Si tratta di un problema reale per la salute pubblica.
La resistenza agli antibiotici
Un certo numero di piante geneticamente modificate contengono un gene per la resistenza agli antibiotici. Per esempio la patata Amflora della Basf, autorizzata a
marzo 2010 dalla Commissione europea. Questo gene di resistenza non è necessario per la pianta, ma serve per la sua fabbricazione. Viene definito gene "marcatore": permette di identificare le cellule
in cui è riuscito il "trapianto" dei geni. Successivamente, il marcatore non svolge più alcuna funzione, ma la sua eliminazione sarebbe stata troppo costosa e difficile.
La resistenza agli antibiotici dipende dal fatto che, con l’uso eccessivo di questi medicinali negli ultimi anni, si selezionano (cioè sopravvivono) solo quei batteri
che contengono i geni che permettono loro di resistere a questi "veleni". Il problema è che i batteri non solo possono scambiarsi tra loro questi geni, ma possono acquisirli anche da organismi
superiori.
Il problema è che diversi scienziati temono che questo gene di resistenza agli antibiotici possa passare attraverso il sistema digestivo animale o umano. In questo caso
il rischio sarebbe quello di rendere inefficace l'uso di alcuni antibiotici per curare malattie per esseri umani o animali.
Un rischio di tossicità
Uno studio del Criigen (Comitato per la ricerca e l'informazione indipendente sull'ingegneria genetica) del 2007 ha evidenziato che i topi nutriti per 90 giorni con un
mais OGM, il MON863 della Monsanto, mostravano anomalie nel fegato, nei reni e nel sangue che potrebbero essere segni di tossicità.
Uno nuovo studio condotto presso le università francesi di Caen e Rouen, ha confrontato i rischi per la salute associati a tre diversi mais OGM (MON810, MON863 e
NK603), prodotti dalla statunitense Monsanto. Gli scienziati hanno rilevato evidenze di possibili rischi per la salute – in particolare, parametri del sangue associati alle funzioni di fegato e reni
mostrano variazioni significative.